lunedì 25 dicembre 2017
mercoledì 20 dicembre 2017
Storia di Aidoborn: Capitolo 2/ Seconda parte
Aidoborn si sollevò da
terra a fatica e, tenendo le mani premute allo stomaco, attraversò i corridoi,
con gli occhi che vedevano solo immagini sfocate. Non poteva fare altro che
andarsene, o sarebbe morto invano sotto i colpi letali di Zoldex e non avrebbe
potuto vendicare Zeleny. Pensò di essere stato uno stupido a entrare lì dentro
disarmato, non avrebbe dovuto spingersi oltre.
La rabbia lo accecava, ma
era conscio che non poteva combattere senza avere un piano, o di questo passo
la sua vendetta sarebbe stata solo un miraggio.
Mentre camminava per le
vie deserte della città, gli parve di vedere riflessa un’ombra sui muri bianchi
illuminati dalle torce; era sicuro che non fosse la luna nera della notte.
L’ombra correva e lui, con le poche energie rimaste, la inseguì, fino a quando essa non scomparve. Si piegò sulle ginocchia per l’affanno, poi si guardò intorno e riconobbe quella zona della città. Non riusciva a crederci: in quel casuale inseguimento aveva tagliato in due la città, giungendo fino al suo nascondiglio. Ripensò ancora ad Emibanto che, per uno strano motivo, gli aveva risparmiato la vita. Perché lo aveva fatto?
Quel pensiero lo turbò; avrebbe preferito morire, piuttosto che
ricevere indulgenza da quell’essere. Ma era ancora vivo e doveva sfruttare questa
cosa a suo vantaggio.
Tutti
i presenti inveivano contro i due alieni rinchiusi in una stretta cella,
all’interno di una grande aula di tribunale, in cui si accavallavano centinaia
di voci.
«A
morte!»
«Sono dei ladri, mozzategli la mani!»
«Bruciateli
vivi!»
Aidoborn
e Zeleny, in ginocchio e in silenzio, osservavano Amins Falean, il giudice di
Uskàn.
Quest’ultimo,
che era un insettoide giallo, aveva tre occhi fissi sulla folla e due antenne
sulla testa che si drizzavano per captare meglio la tensione del momento. Si
trovava con il corpo piegato in avanti, all’interno di un grosso recipiente di
vetro in cui la sua testa era collegata con dei fili ad un casco metallico, con
piccoli fori sulla superficie.
«Io,
Amins Falean, condanno a morte i due imputati!» sentenziò il giudice davanti a
tutti gli astanti.
«Voi
siete un traditore delle leggi, un corrotto come tutti gli altri!» lo accusò
Aidoborn.
«Frustatelo!»
ordinò Falean ad alcune guardie.
Sentiva
un dolore insopportabile sulla pelle, davanti agli occhi spaventati di Zeleny,
con le frustate che riverberavano in tutta l’aula per la soddisfazione della
folla che pretendeva giustizia.
Il
sangue colava dal petto e subito dopo le guardie lo sollevarono, e lui, inerme,
senza dire alcuna parola, era rimasto con la testa piegata in avanti.
Dopo
i corpi di Aidoborn e di Zeleny furono trascinati a terra.
I due fratelli furono separati e Aidoborn, lasciandosi dietro per tutto il tragitto una sbiadita scia di sangue, con voce tremolante pronunciava il nome di Zeleny.
Continua...
martedì 19 dicembre 2017
Presentazione del libro di Pino Imperatore all' Hotel Roseto di Caivano
Lunedì 18 dicembre si è tenuta al Roseto Park Hotel di Caivano, la presentazione di "Allah, San Gennaro e i tre kamikaze" di Pino Imperatore, organizzata dall'associazione "Sveglia Caivano". Sala gremita per ascoltare le parole dell'autore, i cui i libri trattano con umorismo di tematiche reali. In questo caso l'attualissima tematica del terrorismo islamica diventa uno spunto per creare una storia reale, ambientata in una Napoli che con la sua vivacità rallenterà tre kamikaze che dovranno scegliere degli obbiettivi sensibili in città per piazzare degli ordigni per un attentato. Dopo questa brevissima sintesi del libro, torniamo a parlare dell'autore e di cosa ha raccontato ai presenti in sala. Da grande conoscitore della storia e della cultura partenopea, Pino Imperatore rivela di affidarsi molto alla quotidianità della città di Napoli, in cui anche in un qualsiasi luogo pubblico, come in metropolitana, si incontrano, si ascoltano situazioni, storie assurde, divertenti, da cui risulta quasi difficile non farsi travolgere per prendere spunto. La quotidianità per creare un libro di successo, la semplicità che tanto ispira una penna che ha voglia di raccontare, di far ridere, ma sempre con intelligenza, mai banale nel ironizzare su tematiche importanti, all'ordine del giorno e non facili da affrontare, ma anche il ritratto di una città che intende lasciare un messaggio di speranza, affrontando la paura con l'arma della leggerezza, che è forse la più potente di tutte. Ecco, sono questi gli ingredienti che troverete nel libro di Pino Imperatore, che diverte e fa riflettere i lettori con i suoi molteplici messaggi.
Io vi saluto e vi rimando al prossimo articolo.
lunedì 18 dicembre 2017
Intervista ad Angela Ceraso
Salve a tutti, oggi vi parlo dell'autrice Angela Ceraso.
Ciao Angela, parlaci di te della tua passione per la
scrittura. Di cosa parla il tuo libro?
Scrivo
da sempre; già da piccola avevo un piccolo quaderno dove appuntavo emozioni,
avvenimenti che tenevo per me e basta. Al liceo, durante i compiti in classe d’italiano,
c’erano alcune mie amiche prive d’idee che si facevano suggerire cosa scrivere;
si lamentavano spesso di non riuscire a riempire il foglio!Parallelamente
alla scrittura, la lettura ha sempre viaggiato con me, ho letto e leggo ancora
di tutto, anche i libri che la maggior parte reputa noiosi; avevo quindici anni
quando decisi di leggere “La Mandragola” di Machiavelli, per non parlare dei
classici e della storia che non ho mai studiato, ma semplicemente letto. Adoravo
ed adoro tutt’ora la parte storiografica, quella che ti fa addentrare nei
pettegolezzi di corte, di vite apparentemente strane, ma che poi scopri molto
simili ai nostri giorni.Scrivo
un po’ di tutto e, per fortuna, mi riesce senza difficoltà. Mi sono fatta le
ossa con il mensile ed i settimanali per i quali scrivo, lì bisogna essere
precisi, rispettare le battute e soprattutto le richieste della redazione.Il
mio ultimo libro fresco di stampa, intitolato “Un giorno”, edito da “La
mongolfiera editrice”; è una raccolta di favole le cui illustrazioni sono state
curate dai miei figli. Non è una gara di disegno, ma questo serve semplicemente
a far avvicinare i bambini alla lettura, che spesso trova il suo culmine nella
rappresentazione: solo con il disegno il bambino interiorizza ed assimila
totalmente un racconto.
Cosa
ti sentiresti di consigliare a chi ha la tua stessa passione?
Nel
mondo esistono tantissimi cacciatori di sogni, editori falsi che speculano
sulla passione degli scrittori, anche perché quando si scrive si vuole arrivare
subito al traguardo: la pubblicazione.Sul
mio cammino ho incontrato infiniti editori che chiedevano soldi per la
pubblicazione e ho sempre rifiutato, incassando il colpo e ritentando con
altri, nella speranza di incontrare persone serie e motivate a lavorare al
progetto editoriale presentato. Nel lavoro che svolgo con passione e dedizione
ho sempre sostenuto che l’editore non è un benefattore, ma un datore di lavoro!Non
ho mai mollato, ho sempre tentato e cercato e devo dire che si trovano tanti
editori intelligenti, che hanno voglia di scommettere su chi scrive, perché
loro stessi sono innamorati del proprio mestiere. Ricordo l’emozione forte di
quando fui contattata dall’Armando Curcio Editore per la pubblicazione di un
mio romanzo rosa inviato tempo addietro. È un lavoro duro, non si finisce mai
di imparare e soprattutto nessuno aspetta te con i tuoi elaborati; è un lavoro
che ti chiede continuamente di metterti in gioco e forse proprio per questo mi
piace, perché non ha nulla di statico e metodico, è un lavoro nel quale nessuno
è indispensabile e tutti sono utili.Consiglio
il mio libro di favole a tutti i bimbi che leggono storie ed avessero voglia di
rappresentarle, esattamente come hanno fatto i miei figli; infatti possono
pubblicare i loro disegni, con titolo della storia, sulla pagina facebook “UN
GIORNO”.
Progetti futuri, eventi, presentazioni.
Il
futuro è lungo ed io sono iperattiva nel mio lavoro, ho tantissimi progetti e
traguardi da raggiungere, ma li tengo per me. Al momento mi godo quello che ho
conquistato fino ad oggi, frutto di studi e duro lavoro.
Dove possono seguirti i lettori?
Per
tutti coloro che volessero seguire le mie vicende editoriali e per tutti gli
editori che volessero contattarmi possono farlo attraverso il mio profilo facebook.
Ringrazio Angela per la sua disponibilità e vi rimando al prossimo articolo.
domenica 17 dicembre 2017
Intervista all'emittente televisiva TDS del 14/12/2017
Buongiorno e buona domenica a tutti, in questo articolo vi parlo della mia bellissima esperienza a TDS( Telediocesi) un'emittente televisiva di Salerno. Intervistato dal giornalista Alfondo Maria Tartarone, ho parlato dei miei libri, della mia passione per la scrittura e dell'importanza della lettura. Ringrazio la sua disponibilità ed accoglienza per questa bellissima esperienza. Sotto il video che potete trovare su youtube. Buona visione a tutti.
giovedì 14 dicembre 2017
L'ombrello, una storia di Cristina Colace
Disegno di Aurora Sica |
Salve a tutti, oggi ritornano i contenuti speciali, che vedono come protagonista la giovanissima autrice Cristina Colace, con una sua brevissima storia intitolata "L'ombrello". Buona lettura.
Buongiorno, caro lettore.
Com’è il tempo oggi?
Oh, dunque pioverà: vorrà
dire che passerai del tempo con me. I mesi autunnali sono i miei preferiti,
perché le giornate sono instabili: una mattinata soleggiata potrebbe protrarsi
per tutto il pomeriggio, come pure essere bruscamente interrotta da un banco di
nuvole e trasformarsi nell’ennesimo umido, uggioso giorno. Questo è il periodo
dell’anno in cui cominci a portarmi di frequente con te, quando esci di casa:
mi tieni appoggiato fra il gomito e l’avambraccio, alle volte mi usi anche a
mo’ di bastone e, tornando bambino, improvvisamente ti senti un gentleman
dell’ottocento con tanto di frac e cilindro. Altre volte la fantasia non basta
ad alleggerirmi, e sembro così ingombrante che alla fine sei costretto a
ripormi nella posizione inziale.
Finalmente arriva il momento
in cui decidi di aprirmi: il tutto inizia con un po’ di venticello freddo, di
solito, e con uno strano odore, il tipico aroma del bagnato. Comincia poi a
piovigginare: le prime gocce sono quasi impercettibili e credi di poter quasi
fare a meno di me. Tuttavia, con l’infittirsi della pioggia, usarmi diventa una
necessità. Mi sollevi, la punta è rivolta in alto, indica il cielo grigio:
lasci scorrere la mano lungo il mio corpo ligneo, così ché la ragnatela di
ferro e plastica, solitamente piegata e chiusa su se stessa come il bocciolo di
un fiore, si distenda e permetta al tessuto impermeabile colorato di assumere
la forma di una piccola cupola divisa in spicchi simmetrici. Sei coperto,
all’asciutto, eppure tendi sempre ad utilizzarmi per un tempo esiguo, quanto basta
per trovare un porticato o un locale dove entrare, prendere un caffè ed
utilizzarlo come scusa per rimanere dentro, finché la tempesta non deciderà di
placarsi. Nel caso dovessi trovare un riparo provvisorio per strada, potrei
esserti ancora d’aiuto, negli spostamenti. Oh, ma se dovessi entrare in un
negozio, o in un bar…
Disgraziatamente, nel
momento in cui spioverà, ti dimenticherai di me, troppo preso dal sollievo per
l’improvviso cambiamento meteorologico. Mi lascerai lì, nel portaombrelli, tra
altri dimenticati come me, nella fretta di approfittare della quiete improvvisa
che, secondo voi uomini, potrebbe essere perennemente sul punto di svanire,
pronta a sprofondare nuovamente nel caos del temporale. Insomma, andrai via e
io non riuscirò a farmi notare, né a farti pesare in alcun modo la mia assenza.
Ti ricorderai di me solo nell’arco di mezz’ora, o di un paio d’ore, ed allora
ti maledirai e correrai al bar per cercarmi, sperando che nessun altro mi abbia
portato via con sé. Oppure quando, dopo qualche giornata di sole, pioverà di
nuovo, e rovisterai in casa o in macchina, tenterai di ricordare l’ultima volta
che mi hai visto, ma non ci riuscirai, semplicemente perché sono ancora lì, nel
portaombrelli… ad aspettarti.
Cristina Colace
Buongiorno, caro lettore. Com’è il tempo oggi?
Oh, dunque pioverà: vorrà
dire che passerai del tempo con me. I mesi autunnali sono i miei preferiti,
perché le giornate sono instabili: una mattinata soleggiata potrebbe protrarsi
per tutto il pomeriggio, come pure essere bruscamente interrotta da un banco di
nuvole e trasformarsi nell’ennesimo umido, uggioso giorno. Questo è il periodo
dell’anno in cui cominci a portarmi di frequente con te, quando esci di casa:
mi tieni appoggiato fra il gomito e l’avambraccio, alle volte mi usi anche a
mo’ di bastone e, tornando bambino, improvvisamente ti senti un gentleman
dell’ottocento con tanto di frac e cilindro. Altre volte la fantasia non basta
ad alleggerirmi, e sembro così ingombrante che alla fine sei costretto a
ripormi nella posizione inziale.
Finalmente arriva il momento
in cui decidi di aprirmi: il tutto inizia con un po’ di venticello freddo, di
solito, e con uno strano odore, il tipico aroma del bagnato. Comincia poi a
piovigginare: le prime gocce sono quasi impercettibili e credi di poter quasi
fare a meno di me. Tuttavia, con l’infittirsi della pioggia, usarmi diventa una
necessità. Mi sollevi, la punta è rivolta in alto, indica il cielo grigio:
lasci scorrere la mano lungo il mio corpo ligneo, così ché la ragnatela di
ferro e plastica, solitamente piegata e chiusa su se stessa come il bocciolo di
un fiore, si distenda e permetta al tessuto impermeabile colorato di assumere
la forma di una piccola cupola divisa in spicchi simmetrici. Sei coperto,
all’asciutto, eppure tendi sempre ad utilizzarmi per un tempo esiguo, quanto basta
per trovare un porticato o un locale dove entrare, prendere un caffè ed
utilizzarlo come scusa per rimanere dentro, finché la tempesta non deciderà di
placarsi. Nel caso dovessi trovare un riparo provvisorio per strada, potrei
esserti ancora d’aiuto, negli spostamenti. Oh, ma se dovessi entrare in un
negozio, o in un bar…
Disgraziatamente, nel
momento in cui spioverà, ti dimenticherai di me, troppo preso dal sollievo per
l’improvviso cambiamento meteorologico. Mi lascerai lì, nel portaombrelli, tra
altri dimenticati come me, nella fretta di approfittare della quiete improvvisa
che, secondo voi uomini, potrebbe essere perennemente sul punto di svanire,
pronta a sprofondare nuovamente nel caos del temporale. Insomma, andrai via e
io non riuscirò a farmi notare, né a farti pesare in alcun modo la mia assenza.
Ti ricorderai di me solo nell’arco di mezz’ora, o di un paio d’ore, ed allora
ti maledirai e correrai al bar per cercarmi, sperando che nessun altro mi abbia
portato via con sé. Oppure quando, dopo qualche giornata di sole, pioverà di
nuovo, e rovisterai in casa o in macchina, tenterai di ricordare l’ultima volta
che mi hai visto, ma non ci riuscirai, semplicemente perché sono ancora lì, nel
portaombrelli… ad aspettarti.
Cristina Colace
lunedì 11 dicembre 2017
Storia di Aidoborn: Capitolo 2/ Prima Parte
Aidoborn era entrato nella villa dalla porta principale; non c’era alcuna guardia ad aspettarlo. Notò che erano cambiate tante cose da quella notte. Le pareti però erano sempre le stesse, con dipinti di stelle e pianeti di galassie lontane di cui anche gli uskaniani forse ignoravano l’esistenza. Piedistalli con busti lungo le pareti sembravano osservarlo con la loro imperiosa espressione. Non erano volti di uskaniani, ma di alieni originari da altri pianeti, che per secoli avevano avuto il controllo su Uskàn. La porta di un’ampia sala era aperta, come se chiunque fosse il benvenuto. Era questa la menzogna che Aidoborn voleva raccontare a se stesso. Con sguardo freddo e mani tremolanti di rabbia, si fermò ad osservare la figura davanti a lui, che sembrava attenderlo da molto. Per un momento gli sembrò di ritornare indietro nel tempo, rivivendo sulla propria pelle le sensazioni di quella notte, che gli aveva cambiato la vita.
Qualcuno, a passo lento, avanzò verso i due. Aveva un’asta salda nella mano destra e il sorriso diabolico sul suo volto non prometteva nulla di buono. Aidoborn tentava di rassicurare Zeleny in preda al panico. L’alieno bianco allungò l’asta, che iniziò ad incurvarsi, creando un recinto intorno ai due. Si avvicinò ancora di più, fino a quando dei suoni non distolsero la sua attenzione dai due prigionieri, che si sentivano di soffocare, in balìa dei poteri dell’altro. Passi veloci attraversarono il corridoio. Le guardie di Uskàn circondarono Aidoborn e Zeleny, che voltandosi indietro non trovarono più quell’alieno bianco che li aveva catturati.
Piccola testa bianca,
orecchie a punta, spalle larghe, con il corpo avvolto da cerchi scarlatti, dal
collo fino alle gambe.
Aidoborn si ricordava
benissimo di lui. In quell’istante non riusciva a muoversi, ma non lasciò
trasparire alcuna emozione. Aveva previsto tutto, anche lo stesso trucco usato
quella volta. L’alieno bianco lo avevo bloccato in un recinto magico.
«Ci hai messo un po’ a ritornare a casa!» disse con tono beffardo.
«So chi sei, Zoldex!» disse Aidoborn.
«Sei entrato qui disarmato, sembri molto sicuro di te, ladro»
Aidoborn aveva il cuore
tamburellante, ma nessuna paura di morire; non disse nulla e continuò a fissare
l’altro negli occhi.
Zoldex, infastidito da
quell’insolenza, si avvicinò a lui con rabbia.
«Zoldex!» Quella voce lo
fermò all’istante e lui indietreggiò da Aidoborn, ritraendo la sua asta. Aidoborn avrebbe potuto
approfittarne per attaccarlo, ma non lo fece; non era lui il suo obbiettivo.
Le porte della stanza si
chiusero di scatto. Lo stesso alieno, che aveva visto poco prima in giardino,
si avvicinò ai due e, con un gesto eloquente, ordinò a Zoldex di spostarsi.
Quest’ultimo, obbediente, chinò il capo e indietreggiò di qualche passo verso
la porta.
«Chi osa entrare nella casa di Emibanto dei Geviona, ultimo erede della sua dinastia?» esordì con rabbia il nuovo arrivato, gesticolando con la sua mano destra gonfia.
«Tu non meriti di vivere per il nome che porti!» lo minacciò Aidoborn.
«Sei molto coraggioso e te lo concedo, ma non tollero che un comune uskaniano si intrufoli nella mia dimora. Cosa cerchi tra queste mura?»
«Vendetta, per le torture subite da mio fratello! Tutte le nobili famiglie di questo pianeta pagheranno per i crimini commessi in tutti questi anni!»
«Audace da parte di un ladro!» esclamò Emibanto avanzando verso Aidoborn. «In tanti vorrebbero avere l’onore di catturare il ladro più ricercato del pianeta. So chi sei, alieno rosso! Questa volta ti lascerò andare via da qui, ma la prossima non sarò così clemente.»
Le porte alle sue spalle si riaprirono. Aidoborn accennò ad andarsene. Uno scatto e, con tutta la rabbia racchiusa in un pugno, si avventò su Emibanto. Non lo aveva visto arrivare, era stato molto veloce. Aidoborn si sentì immobilizzato. Il suo pugno si era infranto contro l’asta di Zoldex, che si era frapposto tra lui e il suo padrone. Poi con sguardo deciso allungò l’asta e con essa colpì Aidoborn allo stomaco. Un altro colpo e l’alieno rosso rimbalzò fuori attraverso la porta aperta. Si ritrovò a strisciare sul pavimento, con il sangue colava dalle labbra.
venerdì 8 dicembre 2017
Sul blog "Books Hunter Blog" si parla di Nedo
Buonasera a tutti con una nuova segnalazione fresca d'uscita sul blog "Books Hunter Blog" del mio libro "Malkha, le avventure del giovane Nedo". Ma la novità assoluta è l'inserimento in essa della presentazione della saga de "I ragazzini terribili" di cui il romanzo è parte. Sotto screen e link. Buona lettura.
Al Movà di Aversa, serata con l'autore Emanuele Cerullo
Mercoledì 6 dicembre, al Movà di Aversa, Emanuele Cerullo ha presentato il suo libro “ Il ventre di Scampia”. Quest’ultima è una raccolta poetica in cui l’autore parla di se stesso, la sua infanzia, la sua passione per la scrittura, maturata da quando era bambino. Tra una lettura e l'altra di alcune poesie, l’autore ha raccontato ai presenti la sua storia, tradotta poi in versi, che a volte possono sembrare duri, freddi, ma che in realtà racchiudono nella propria essenza il calore di tante emozioni, anche forti, come quelle che ha vissuto da bambino. Durante la sua infanzia trascorsa a scrivere ne ha viste tante, e mi ha colpito un aneddoto da lui raccontato, di un giorno che gli ha cambiato la vita. Quel giorno le tante poesie che portava sempre con sé, furono affidate ad un insegnante curiosa del suo talento, che ha visto in lui qualcosa che potesse andare oltre, oltre le vele di Scampia, come rievoca titolo di una sua poesia. Le sue poesie si sono diffuse poi su giornali, in programmi televisivi, portando con sé il messaggio di un sogno realizzato in un contesto difficile come quello in cui ha vissuto.
Le sue poesie da anni continuano a fare il giro delle scuole della Campania, per trasmettere il suo vissuto alle nuove generazioni ed essere da esempio per loro, per una vita migliore, in cui sogni come la scrittura possono salvare, aiutare nella realtà che in cui viviamo oggi. Emanuele ce l’ha fatta, e come lui anche altri, ma la sua volontà e la sua determinazione nel voler emergere con la sua forma di espressione, la poesia, dà forse un segnale più forte, rispetto ad altri. Poesia e realtà si fondono qui nel viaggio di maturazione di una persona, che nel suo rapporto con la penna ha saputo apprezzare la parte migliore di se stesso, a cui piace inventare. ( come dice lui, inventa non scrive, a dimostrazione che nei suoi versi dà sfogo a tutta la sua creatività)
mercoledì 6 dicembre 2017
Storia di Aidoborn: Capitolo 1/ Seconda parte
Attraversò a piedi nudi tutta la città, fino a salire sulla collinetta
in fondo dove era difficile incontrare molti passanti e regnava il silenzio di
una fiorente natura, con altissimi alberi che superavano le recinzioni, nascondendo
alla vista le grandi ville nei paraggi.
I suoi occhi rimasero ad
ammirare le grandi ville a più piani, i muri grigi o bianchi, estesi giardini
con fontane sparse qua e là e fiori artificiali esportati da altri pianeti.
Aidoborn si sentiva attanagliato
dal senso di colpa, ma tutto ciò si traduceva in un’estrema freddezza sulla sua
espressione facciale. Aveva mentito ai suoi amici, non aveva nulla da sbrigare
lì tra le ville dei ricconi di Uskàn.
Svoltò a sinistra e con un salto verso l’alto
si arrampicò su un albero, con la coda che lo aiutò a sollevarsi per intero. Si
sporse da un ramo claudicante, facendo attenzione a non sbilanciarsi troppo.
Rimase per un po’ di tempo ad ammirare la grande villa bianca di tre piani, che
si estendeva davanti a lui, con ampie vetrate, attraverso il quale si potevano
osservare le spaziose stanze all’interno.
Aidoborn fece un salto verso il basso e rotolò
sul prato. La luce azzurrina del giorno non illuminava molto la collina, ma
nonostante tutto riconobbe comunque l’odore acre e nauseante dei cespugli
disseminati qua e là per il prato, che otturava le sue narici, al punto da
fargli quasi perdere i sensi, ma questa volta non si fece ingannare; quell’odore
gli era ormai diventato familiare.
Udì delle parole: era una canzoncina, ma non
in uskaniano. Tenendo premute le mani sulle narici, strisciò verso un cespuglio
e dopo con la sinistra si creò un varco tra le foglie. La sua espressione mutò
di colpo e sembrava che ogni organo del suo corpo potesse esplodere da un
momento all’altro, ma frenò ogni suo istinto.
A pochi passi da lui, girato di spalle, c’era
un alieno verde di media statura, dalla voce abbastanza cristallina da poter intonare
una canzoncina, come stava facendo in quel momento. Il tono di voce iniziò ad
abbassarsi drasticamente, quando rimase a fissarsi l’anomala mano destra, con
la pelle più gonfia rispetto all’altra.
Come ogni sera Aidoborn entrò nella camera del fratello per
assicurarsi che stesse dormendo. Si prendeva cura di lui da quando era piccolo,
poiché era il minore dei due ed entrambi erano rimasti orfani in tenera età. I
loro genitori erano deceduti in un incidente avvenuto in una delle miniere
fuori città.
«Zeleny, perché sei ancora sveglio?»
Non rispose e si girò dall’altra parte, con la coda che fuoriusciva
dalle coperte.
«Cosa ti turba, fratello?» insistette Aidoborn posandogli una mano
sulla spalla.
Zeleny tremava e il fratello notò dei lividi evidenti sulla schiena.
«Cosa è successo? Avanti, parla!» incalzò a pugni stretti dalla
rabbia.
«Sono sta-ti i pa-dro-ni…» rispose tremolante.
«Quei maledetti! La pagheranno cara!»
«Calmati fratello! Non puoi sfidarli. Non puoi sfidare i Geviona!»
I Geviona erano una delle casate più influenti su Uskàn e Zeleny era
un loro servitore.
Aidoborn non smetteva di fissare i lividi sulla schiena del fratello e
dalla sua testa straripò un fiume di odio, che pervase poi tutto il suo corpo.
La notte era calata da un
pezzo. Le guardie di ronda sui balconi sonnecchiavano. La corda si avvinghiò
alla ringhiera, senza che se ne accorgessero. La prima figura uscì allo
scoperto e, senza mostrarsi, strangolò la guardia di spalle, facendo attenzione
ad attutire bene il tonfo sul pavimento. La luce fioca dell’esterno aiutò i due
che si erano arrampicati fin lassù, a muoversi nell’ombra e ad atterrare altre
guardie. La porta di vetro scorrevole era aperta e i due, con un cenno di
intesa, entrarono.
Zeleny non riusciva ad
orientarsi al buio: la luce emanata dalle loro torce elettriche era troppo
debole. Si voltò indietro per assicurarsi di non aver perso il fratello.
Quest’ultimo gli posò una mano sulla spalla per rassicurarlo.Svoltarono in un
corridoio a destra ed entrarono nella seconda stanza sulla sinistra, ma luce
delle torce rivelò loro che era vuota.Zeleny ebbe un sussulto,
sicuro di aver condotto il fratello nella stanza giusta.
«Devi credermi, i
diamanti erano qui, fino ad ieri. Li ho visti!»
Aidoborn gli lanciò un’occhiataccia e dopo, pensieroso, lo fissò intensamente, come a dire che qualcosa era andato storto.
«Sì, ti credo, ma ora dobbiamo uscire da qui prima che arrivino altre guardie.»
Uscirono in fretta dalla stanza.
Un rumore metallico. Zeleny aveva urtato il gomito contro un oggetto appeso alla parete alla sua destra.Le luci si accesero di colpo. Una mano afferrò Zeleny per il collo e lo sbatté contro il muro.
martedì 5 dicembre 2017
Premio Napoli. Giovedì 14 dicembre, incontro con Cesare Moreno
Giovedì 14 dicembre, al Palazzo Reale di Napoli, si terrà un
nuovo incontro organizzato dalla Fondazione Premio Napoli. Protagonista
dell'evento sarà Cesare Moreno, vincitore del "Premio Speciale di
Cultura".
Converseranno con lui Domenico Ciruzzi, presidente della
Fondazione Premio Napoli, e Marcelle Padovani, scrittrice e giornalista del
Nouvel Observateur.
Sul blog "L'odore dei libri" si sente anche l'odore di Nedo
Buonasera a tutti, sul blog "L'odore dei libri" è stato da poco pubblicata una bellissima segnalazione sul mio libro "Malkha, le avventure del giovane Nedo", con anche un estratto dal secondo capitolo, ma soprattutto con la presentazione della saga de "I ragazzini terribili dello spazio" di cui esso è parte. Sotto lo screen, con il link per leggere l'articolo per intero. Buona lettura.
link |
Sinossi di "Malkha, le avventure del giovane Nedo" su Soundcloud
Buongiorno a tutti, sul sito Soundcloud potete ascoltare, come contenuto speciale, la sinossi del mio libro "Malkha, le avventure del giovane Nedo" da me letta. Sotto lo screen con il link al sito. Buon ascolto.
link |
lunedì 4 dicembre 2017
Il Serraglio alla conquista di Napoli. Intervista all'autore Gennaro Rollo
Salve a tutti, in questa intervista vi presento l'autore napoletano Gennaro Rollo che con il suo serraglio sta conquistando tutta Napoli. Ma ora passiamo a lui la parola.
Ciao Gennaro, parlaci di te e della tua passione per la scrittura. Di cosa parla il tuo libro?
Ciao Francesco; a dispetto della mia passione per la scrittura, amo poco parlare di me, mi limiterò alle informazioni da carta di identità, più o meno: ho trentadue anni, sono nato a Napoli e sono laureato in chimica. Ho coltivato da adolescente la passione per la musica, suonavo in una band, abbiamo fatto anche qualche serata nei pub e portato a casa piccoli premi scolastici. A quei tempi scrivevo canzoni e con il gruppo ne abbiamo incisa qualcuna; ma, come dice Luca Carboni, le band si sciolgono (senza un perché). Mi sono avvicinato così alla scrittura di racconti e romanzi fino ad arrivare a Il Serraglio, la mia opera d’esordio, edita da LFA Publisher.
IBS |
Il Serraglio è un romanzo di
formazione ad ambientazione storica (il secondo dopoguerra), se proprio
vogliamo ascriverlo ad un genere: è la storia dei fratelli Cacciapuoti, Gaetano
in primis, che orfani di padre partigiano vengono inviati dalla madre nel Real
Albergo dei Poveri. In quegli anni, la colossale opera voluta da Carlo III di
Borbone (il più grande edificio barocco che ci sia in Europa) guadagna
l’appellativo di Serraglio, quindi di
un luogo nel quale si viene serrati, rinchiusi, quasi a forza, come in un
carcere; questo perché proprio in quegli anni al suo interno viene allocato
anche il Tribunale dei Minori e questo fa in modo che orfani di guerra e meno
abbienti si mescolino a personaggi abituati al mondo della strada; a questi si
aggiungono i soprusi di alcune delle guardie che abusavano ben volentieri del
loro potere. I fratelli Cacciapuoti si trovano proiettati in questa realtà
difficile e contraddittoria. Il romanzo si ispira ad una storia vera o, per
meglio dire, a più storie vere: le vicende che ho riportato riguardano
avvenimenti realmente accaduti, racconti isolati che io ho unito con una trama
romanzata di mia invenzione. Con questo romanzo ho vinto il Premio Nanà: nuovi
autori per l’Europa, indetto da Avagliano Editore. La vittoria mi ha sorpreso
non poco, dato che la giuria era composta in prima battuta da ragazzi delle
scuole di tutta Italia e, visto che i dialoghi sono in napoletano, sapere che
fosse stato letto e apprezzato da Como a Siracusa, mi ha fatto un enorme
piacere, com’è prevedibile.
Real Albergo dei poveri di Napoli detto"Il Serraglio" prima |
Cosa ti sentiresti di consigliare a chi ha la tua stessa passione?
Di leggere tanto, di leggere libri buoni (soprattutto) e meno buoni (ogni tanto). Si può benissimo leggere tanto senza scrivere niente (anzi, alle volte sarebbe anche meglio), ma non è assolutamente possibile il contrario. Bisogna studiare. Tanto. Bisogna imparare dai grandi. Non copiare, ma studiare – letteralmente – per cercare di cogliere i segreti della loro scrittura formidabile. Se loro sono arrivati a noi attraverso i decenni, un motivo ci deve pur essere.
È molto importante non prendere in giro il lettore, anzi, bisogna avere nei suoi confronti un rispetto assoluto e solo prendendo seriamente la scrittura si può ottenere questo risultato.
Il Serraglio oggi |
Progetti futuri, presentazioni ed eventi.
Novembre sarà un mese impegnativo: sabato 25 alle ore 19:00 ci sarà la presentazione del romanzo a Roma, al Punto Einaudi in via Labicana 114. Sono emozionato già da ora: Roma è una piazza difficile. Poi verrà la volta di Latina, il 30 novembre alle ore 18:30, alla Feltrinelli in via Diaz 10; in quell’occasione sarò in compagnia della collega e amica Silvia Brindisi, per una presentazione doppia: Rollo presenta Brindisi, Brindisi presenta Rollo. Una presentazione diversa dal solito, sono certo sarà apprezzata dal pubblico.
Dove possono seguirti i lettori?
Su Facebook, alla mia pagina ufficiale Gennaro Rollo e su Instagram: gennaro_rollo.
Ringrazio Gennaro per la sua disponibilità e vi rimando al prossimo articolo. Sotto il link dell'ultima presentazione dell'autore fatta nel luogo dove è ambientato il suo libro.
Il Serraglio nel Serraglio.
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