giovedì 14 dicembre 2017

L'ombrello, una storia di Cristina Colace



Disegno di Aurora Sica




Salve a tutti, oggi ritornano i contenuti speciali, che vedono come protagonista la giovanissima autrice Cristina Colace, con una sua brevissima storia intitolata "L'ombrello". Buona lettura.



Buongiorno, caro lettore. Com’è il tempo oggi?

Oh, dunque pioverà: vorrà dire che passerai del tempo con me. I mesi autunnali sono i miei preferiti, perché le giornate sono instabili: una mattinata soleggiata potrebbe protrarsi per tutto il pomeriggio, come pure essere bruscamente interrotta da un banco di nuvole e trasformarsi nell’ennesimo umido, uggioso giorno. Questo è il periodo dell’anno in cui cominci a portarmi di frequente con te, quando esci di casa: mi tieni appoggiato fra il gomito e l’avambraccio, alle volte mi usi anche a mo’ di bastone e, tornando bambino, improvvisamente ti senti un gentleman dell’ottocento con tanto di frac e cilindro. Altre volte la fantasia non basta ad alleggerirmi, e sembro così ingombrante che alla fine sei costretto a ripormi nella posizione inziale.
Finalmente arriva il momento in cui decidi di aprirmi: il tutto inizia con un po’ di venticello freddo, di solito, e con uno strano odore, il tipico aroma del bagnato. Comincia poi a piovigginare: le prime gocce sono quasi impercettibili e credi di poter quasi fare a meno di me. Tuttavia, con l’infittirsi della pioggia, usarmi diventa una necessità. Mi sollevi, la punta è rivolta in alto, indica il cielo grigio: lasci scorrere la mano lungo il mio corpo ligneo, così ché la ragnatela di ferro e plastica, solitamente piegata e chiusa su se stessa come il bocciolo di un fiore, si distenda e permetta al tessuto impermeabile colorato di assumere la forma di una piccola cupola divisa in spicchi simmetrici. Sei coperto, all’asciutto, eppure tendi sempre ad utilizzarmi per un tempo esiguo, quanto basta per trovare un porticato o un locale dove entrare, prendere un caffè ed utilizzarlo come scusa per rimanere dentro, finché la tempesta non deciderà di placarsi. Nel caso dovessi trovare un riparo provvisorio per strada, potrei esserti ancora d’aiuto, negli spostamenti. Oh, ma se dovessi entrare in un negozio, o in un bar…

Disgraziatamente, nel momento in cui spioverà, ti dimenticherai di me, troppo preso dal sollievo per l’improvviso cambiamento meteorologico. Mi lascerai lì, nel portaombrelli, tra altri dimenticati come me, nella fretta di approfittare della quiete improvvisa che, secondo voi uomini, potrebbe essere perennemente sul punto di svanire, pronta a sprofondare nuovamente nel caos del temporale. Insomma, andrai via e io non riuscirò a farmi notare, né a farti pesare in alcun modo la mia assenza. Ti ricorderai di me solo nell’arco di mezz’ora, o di un paio d’ore, ed allora ti maledirai e correrai al bar per cercarmi, sperando che nessun altro mi abbia portato via con sé. Oppure quando, dopo qualche giornata di sole, pioverà di nuovo, e rovisterai in casa o in macchina, tenterai di ricordare l’ultima volta che mi hai visto, ma non ci riuscirai, semplicemente perché sono ancora lì, nel portaombrelli… ad aspettarti.

Cristina Colace

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